Lavoro, laureati e disoccupati: un diplomato su quattro è a casa. Raddoppia il tasso di disoccupazione tra i neolaureati. Solo il 30% dei 19enni si iscrive a un corso universitario. Aumentano i fuori corso e l'età media dei laureati, ora a 28anni
10 Marzo 2014

Da inizio crisi raddoppia il tasso di disoccupazione: l’indagine AlmaLaurea su 450mila ragazzi usciti dalle università
Lavorano e guadagnano poco i neolaureati italiani. E sono in pochi quelli finite le superiori si iscrivono alle Università. Sembra logico e invece non lo è, perché per i giovani senza un titolo di studio di terzo livello le cose, nel cercare lavoro, vanno ancora peggio e molto. Se servissero altri elementi per dimostrare come quello dell’occupazione giovanile sia il tema dei temi nel Paese, questi arrivano dal XVI rapporto di Almalaurea, consorzio interuniversitario che riunisce 64 atenei italiani, che ha raccolto i dati di 450mila studenti.
IN CALO LE MATRICOLE
Solo il 30% dei diciannovenni si è iscritto a un programma di studi di livello universitario. Un dato che allontana in maniera incolmabile l’obiettivo fissato dalla Commissione Europea per il 2020, ovvero il raggiungimento del 40% di laureati nella popolazione tra i 30 e i 34 anni. Ad oggi, tra i 25 e i 34 anni ha infatti un titolo di istruzione di terzo livello solo il 21% degli italiani. In Giappone sono il 59%, nel Regno Unito il 47%, e in Francia e Usa il 43%. L’Italia è ben al di sotto della media Ocse (39%) e di quella dell’Ue a 21 (36%).
DOTTORI MA DISOCCUPATI O MAL PAGATI
Eppure, anche se meno che all’estero, la laurea garantisce vantaggi nel trovare lavoro: perché tra i giovani laureati il tasso di disoccupazione cresce sì (dal 2007 è passato dal 10 al 16%), ma meno rispetto a diplomati (dal 13% al 28%) e a chi si ferma alla licenza media (dal 22% al 45%).
E le cose, per i laureati, potrebbero migliorare, se crescerà la quota di manager con titolo di studio di terzo livello, ferma in Italia a meno della metà della media europea: il 24% contro il 53%. Un manager laureato, infatti, tende ad assumere più laureati e questo potrebbe innescare un circolo virtuoso. Intanto, però, i dati sono impietosi: il tasso di disoccupazione ad un anno dalla laurea è infatti cresciuto di dodici punti in quattro anni per le magistrali e di quindici punti per lauree di primo livello e magistrali a ciclo unico. I neo laureati disoccupati sono il 26,5% di chi ha terminato la triennale, il 22,9% di quelli con laurea specialistica e il 24,4% di chi ha una laurea magistrale a ciclo unico.
POCA STABILITA’ LAVORATIVA
Nel 2007, primo dato disponibile, i livelli erano profondamente diversi con tassi di disoccupazione della metà e oltre. Ma anche nel 2008, primo anno di crescita costante di questo dato, i senza lavoro si fermavano al 15,1% per i laureati di primo livello e al 16,2% del secondo. Si lavora in meno e si guadagna anche meno: rispetto al 2008, le retribuzioni reali sono infatti calate del 20% circa, passando da oltre 1200 euro a circa 1000.
Le cose tendono a migliorare con il passare degli anni - segno di un mercato del lavoro con tempi lunghi di inserimento e valorizzazione del capitale umano. A cinque anni, il tasso di disoccupazione è infatti inferiore al 10% (8% per i laureati di primo livello, 8,5% per i magistrali e 5% per quelli a ciclo unico) nonostante un aumento di due punti per le triennali e di 3 per le magistrali. E anche sul fronte del guadagno mensile - nonostante una costante diminuzione - i livelli sono più alti, intorno ai 1300 euro.
Fonte: La Stampa
Almalaurea: all'università i ragazzi diventano vecchi
Fonte foto Instagram
Il Rapporto Almalaurea, presentato a Roma questa mattina sui laureati del 2013, spiega che l'età media dei laureati è 28 anni e l'università, forse anche per questo allungarsi dei tempi, piace sempre di meno. Sono solo 3 su 10, infatti, i diciannovenni che scelgono di proseguire gli studi.
DI SKUOLA.NET
GENERAZIONE FUORI CORSO -Secondo il XVI Rapporto Alma Laurea sui laureati italiani nel 2013, sembra che la velocità non sia la carta migliore dei nostri studenti. Infatti, i laureati di primo livello hanno di media quasi 26 anni, mentre i magistrali a ciclo unico quasi 27. Ben 28 candeline sulla torta, invece, per i magistrali biennali. Come scriviamo su Skuola.net, insomma, andare fuori corso non è un eccezione ma quasi una regola, visto che, teoricamente, si dovrebbe uscire dall'università con una laurea 3+2 a circa 24 anni. I ragazzi se la prendono comoda e trascorrono, dall'uscita delle scuole superiori, un periodo di circa 9 anni impantanati tra lezioni, facoltà, esami e party universitari, accumulando ben 4 anni di media fuori corso. In questo quadro poco brillante crollano anche gli iscritti all'università e sono solo 3 su 10 i diciannovenni che scelgono di proseguire gli studi, mentre tra gli immatricolati 1 su 6 abbandona al primo anno. Ma è solo pigrizia?
LA TRIENNALE, UN FLOP - Il ritardo più evidente si nota tra i laureati di primo livello, che ben lontani dal traguardo di avere una laurea triennale alla giovane età di 22 anni, arrivano di media a laurearsi all'età di 25 anni e mezzo accumulando in questa prima trance ben quasi 4 anni fuori corso. Così essere ripetenti, più che essere un'eccezione, diventa una prassi proprio in questi primi anni di università. Infatti, è circa il 41% dei ragazzi che riesce a laurearsi nei tempi giusti per la laurea triennale. Al biennio la situazione migliora e 1 su 2 riesce a laurearsi regolarmente. Per i ragazzi delle magistrali a ciclo unico, invece, la situazione si complica: sono solo 34 su 100 i regolari.
MEGLIO I TECNICI - I ragazzi che scelgono corsi di laurea più tecnici e per i quali è necessaria una capillare organizzazione tra ore di lezione, tirocinio ed esami, sono quelli che stracciano tutti gli altri in velocità. Sono infatti i ragazzi che si iscrivono a corsi per le professioni sanitarie e mediche a mostrarsi come i più regolari. Fanalino di coda i ragazzi di giurisprudenza e dei corsi di area geo-biologica e di ingegneria. Merito anche dei tirocini formativi, che infatti vengono usati nell’86% dei corsi per le professioni sanitarie, e solo nel 41% di quelli giuridici o ingegneristici.
LA 3 + 2? UN RAPPORTO DIFFICILE - Così, anche se il sistema 3+2 sforna più laureati (di primo livello) rispetto al passato, questi laureati sono obbligati a continuare a studiare, rendendo nullo il vantaggio. Come riportato dal rapporto AlmaLaurea, infatti, la media dell'età con cui si laureavano i pre-riforma nel 2004 era esattamente la stessa: quasi 28 anni. Nessun progresso fatto in termini di fuori corso, quindi, visto che dopo la laurea triennale una media di ben il 76% dei ragazzi decide di continuare gli studi. Questo perché la sola laurea di primo livello non è riconosciuta come competitiva né dal mondo del lavoro né dai ragazzi stessi, ad eccezione fatta per le triennali molto professionalizzanti. Non è un caso che più dell'80% dei laureati in biologia, ingegneria e lettere decida di proseguire e che tra gli psicologi si arrivi ad una percentuale che supera il 90%.
UNIVERSITA'? NO GRAZIE - La percezione della laurea come "inutile" prende così piede tra i 19enni: solo 3 su 10 si iscrivono all'università e 1 su 6 abbandona dopo il primo anno. La tendenza è dovuta, secondo Andrea Cammelli, Direttore del Consorzio AlmaLaurea, a diverse cause che, in tempi di crisi, giocano a sfavore del sistema universitario: “Non si può non tenere conto del calo delle immatricolazioni, ridottesi del 20% dal 2003 al 2012 - sostiene il direttore - La deteriorata situazione economica rischia di scoraggiare i giovani e le loro famiglie dall’intraprendere gli studi universitari. In un contesto del genere, oltre ad un’efficace politica di orientamento, occorre pertanto che il sistema Paese torni a investire in un settore così strategico come quello dell’istruzione e delle politiche per il Diritto allo Studio".
Fonte: Lastampa.it